domenica 31 dicembre 2006

Daria Mueller

Il leopardiano venditore di almanacchi vende i suoi calendari a inizio anno proprio perché sono tanti quelli che sentono il bisogno di essere rassicurati su ciò che riserverà loro l’anno nuovo. A fare la parte del leone di questi tempi sono proprio gli astrologi ai quali viene affidato quasi sempre il compito di dire che il futuro sarà migliore: “La maggior parte risponde guardando in quale pianeta transita Giove decretando così il segno dell’anno: nel 2007 Giove transiterà nel Saggitario, ma in realtà per sapere se porterà bene o male bisognerà analizzare il quadro personale di ciascuno”. A puntualizzare uno degli argomenti che più appassionano in questo periodo è una studiosa di astrologia, Daria Mueller, che aborrisce ogni generalizzazione e difende questa scienza, che ha una origine molto lontana, da tutti i beceri tentativi di associarla alla magia o ad altre sciocchezze: “L’astrologia ha una sua autorità storica, è l’eccezionale frutto della cultura ellenistica. Racconta l’uomo inserito in un contesto più ampio, consapevole di tutte le sue potenzialità. Pietro d’Abano diceva che anche un granello di sabbia ha una sua stella e per questo fu accusato di magia e negromanzia”. Daria Mueller ha appena scoperto l’impianto astrologico del Salone del Palazzo della Ragione proprio come lo aveva voluto Pietro D’Abano fugando tutti i dubbi che fino ad oggi hanno obnubilato studiosi e critici d’arte. La vita di Daria è fatta di intensi dialoghi con i suoi amici più cari, i libri, e di profondi confronti con il marito Klaus; è quasi impossibile incontrarla tra le vetrine del centro o rintracciarla telefonicamente. Si presta simpaticamente a rassicurare che il nuovo anno nascerà sotto una buona stella e dunque il suo tono sarà più dinamico, ottimista e propositivo del 2006. La “diretta” con le stelle si chiude, Daria Mueller ritorna alle sue “sudate carte” e a noi resta la speranza di un 2007 certamente migliore!

domenica 17 dicembre 2006

Fabio Tronchetti

La vita delle persone è imprevedibile. A volte si intraprende quasi per caso una strada che poi risulta essere quella maestra, si riesce a fare carriera vedendo semplicemente riconosciuti i propri meriti e si trova anche il tempo e la voglia di fare qualcosa di socialmente molto utile. Questa non è una favola natalizia ma la storia di Fabio Tronchetti: “Intorno ai vent’anni per pagarmi casa e studi a Pisa decisi di lavorare saltuariamente in un negozio della Bata vendendo scarpe. Tutto questo continuò fino a che un giorno mi chiesero di fare il responsabile di tutta l’area toscana. In quel momento, ahimè, finirono i miei studi e iniziò la mia esperienza nel gruppo”. Dopo aver rivestito vari ruoli negli acquisti e nelle vendite Fabio Tronchetti, diciotto anni fa, divenne amministratore delegato della Bata Italia, che ha sede a Limena assommando per cinque anni anche la presidenza europea del gruppo. E’ un uomo molto serio, poco incline al sorriso e all’autocelebrazione, ma sicuramente molto orgoglioso dei risultati che continua a raggiungere. Sul tavolo della sua scrivania ben visibile il biglietto di auguri di Natale del novantacinquenne Signor Bata ritratto in una foto con la moglie: “Sono felice dopo trent’anni di lavorare in una azienda che vanta tanti primati: è nata nel 1896 in Cecoslovacchia con la scoperta della gomma vulcanizzata, è stata la prima multinazionale al mondo(ancora prima della coca-cola) e ancora oggi è gestita dalla famiglia Bata”. Tra le iniziative di cui Tronchetti va più fiero però non c’è la grande e continua crescita economica ma gli innumerevoli progetti no profit: “Oltre a sponsorizzare squadre dilettanti di calcio, volley, basket, palla a mano, ciclismo seguiamo importanti progetti in Africa, in Cina in Indonesia e in questi giorni siamo partner di Telethon”. Fabio Tronchetti ha un sogno: quando andrà in pensione metterà la sua competenza totalmente al servizio di realtà che non generano profitti e siamo certi che per la solidarietà sarà un grande acquisto.

domenica 10 dicembre 2006

Arturo Carraro

“Goliardi si nasce non si diventa, è come essere biondi o mori, alti o bassi. E’ un modo di vivere serenamente con autoironia e intelligenza senza piangersi troppo addosso. E’ dunque un fatto caratteriale”. E’ con grande orgoglio che Arturo Carraro, farmacista padovano e “trombone” della Vitaliano Lenguazza, descrive la vita di un goliarda. La mitica polifonica padovana fondata nel 1959 riesce, infatti, ancora miracolosamente a tenere alto l’umore dei maestri che la compongono, dei pochi fortunati che riescono ad assistere ai sempre più sporadici spettacoli e a raggiungere le case di tanti padovani grazie allo spassosissimo calendario del Frate di Certosa: “La realizzazione del calendario, che è alla sua quinta edizione, è una ottima scusa per mantenere salde le amicizie. Ci troviamo sempre a casa di uno di noi in settimana e ognuno propone qualcosa di simpatico e spiritoso. Questo anno abbiamo pensato di aggiungere l’ “Oroscopo di fido” visto che sempre più persone hanno cani in casa e prossimamente verrà anche quello del gatto e del pesce rosso”. Arturo Carraro è un uomo cordiale, semplice e simpatico che fa la sua professione ancora alla vecchia maniera. Un velo di malinconia lo attraversa solo quando pensa che la Vitaliano Lenguazza sarà destinata a finire con loro perché ad oggi nessun giovane ha manifestato la volontà di raccogliere il testimone: “Purtroppo oggi la tradizione goliardica è spesso confusa con quelli che cantano “dottore, dottore, dottore del buso del c…” lordando le piazze e l’Università con uova e farina. Noi siamo l’esempio che ad ogni età ci si può divertire come matti facendo anche un po’ di beneficenza”. Acquistando il calendario avremmo così il doppio beneficio di fare del bene e di mettere pillole di buon umore sui muri delle nostre case. A fornire pronostici, avvisi, notizie e storie di ordinaria follia ci hanno pensato i maestri della Polifonica: nulla hanno lasciato al caso dotandolo perfino di un chiodo e di istruzioni dettagliate per appenderlo!

domenica 3 dicembre 2006

Leonardo Girardi

E’ fantascienza! Esclamiamo per liquidare una visione troppo proiettata verso il futuro. Ma il mondo, si sa, è vario ed esiste chi con la fantascienza convive ogni giorno: “Ho sempre avuto il pallino per l’elettronica. Ho iniziato negli anni ’80 a realizzare gli impianti luce per i mondiali di ciclismo, poi sono passato all’audio professionale e infine al video: oggi fornisco tecnologie avanzate alle televisioni”. A sentire Leonardo Girardi amministratore unico della Professional Show di Limena sembrerebbe una cosuccia da ragazzi, varcando la soglia della sua azienda invece si ha la netta impressione di essere teletrasportati nel futuro: “Quando nell’87 decisi di costruire una sede a esatta misura del mio business, senza sconfinare nel pagliaccesco, studiai tutti i film di fantascienza e scelsi Star Trek perché coniugava umanità, modernità e praticità.” Le porte sono degli esagoni senza spigoli a scomparsa nel muro, l’accesso è possibile solo attraverso chiavi elettroniche, i corridoi hanno schermi al plasma ovunque e acquari con pesci d’acqua dolce, la sala corsi è un DC9 con la sola business class, la luce del sole non si vede, le volte stellate o celesti riprodotte in alcuni ambienti sono in realtà perfette casse acustiche, e gli unici suoni udibili nei corridoi sono il sonar e la base musicale del famoso telefilm. La sensazione è proprio quella di essere sulla mitica Enterprise, la realtà è che questo delizioso giocattolino produce un fatturato pari a trenta milioni di euro: “Nelle zone in cui i miei ingegneri creano e sviluppano software, abbiamo ricreato ambientazioni alla Indiana Jones, la zona invece in cui ricevo i clienti per iniziare a realizzare un progetto è un plastico che riproduce “La finestra sul cortile” di Hitchcock”. Leonardo Girardi, austero d’aspetto e gentile nei modi, è innamorato di tutto quello che è riuscito a costruire negli anni e la sua vita è tutta lì dentro: “Trascorro qui almeno sedici ore al giorno anche il sabato e la domenica. Ho tutto quello che mi serve una camera, un bagno e 56 figli. Quando una passione diventa lavoro non sai più dove termina il divertimento e inizia il lavoro”.